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Un'impronta indelebile

Aggiornamento: 9 nov 2022


Titolo originale: An indelible impression

"Abbiamo fissato il suo prossimo appuntamento, e ho accettato il pagamento della seduta. Mi sono girata per aprire la porta del mio studio come faccio sempre, e gli ho detto di fare attenzione e che l'avrei visto la prossima settimana. Mentre mi passava davanti, si voltò e disse: "Sai, i tatuaggi sono una scelta, e Dio non ha scelto che tu abbia dei tatuaggi". Ero scioccata. È stato inaspettato. Non sapevo cosa dire; è successo così velocemente e letteralmente di sfuggita. Non era affatto un tono odioso".

Così è iniziata una conversazione spontanea e non sollecitata durante la mia consulenza ai tirocinanti - offro sempre agli studenti l'opportunità di riflettere sulle loro sessioni della settimana precedente, sia quelle apparentemente irrilevanti che quelle più pregne. In questo caso, una dei tirocinanti ha tirato fuori, con esitazione, un momento chiaramente scomodo alla fine di una recente seduta con un adolescente che aderisce alla Chiesa dei Santi degli Ultimi Giorni. Il suo commento al momento di salutarsi l'ha presa piuttosto alla sprovvista e l'ha portata a chiedersi se avrebbe potuto assistere meglio questo giovane uomo nascondendo i suoi tatuaggi, piuttosto che lasciarli in vista.

Quello che mi sembrava evidente non era se dovesse o meno nascondere i disegni sul suo corpo (la sua scuola non proibiva esplicitamente l'esposizione dei tatuaggi), ma che si trattava di un momento di insegnamento unico sia per lei che per il suo giovane paziente, ma anche per me, come suo supervisore clinico.

Non volevo che si vergognasse e si sentisse in colpa per il timore di aver in qualche modo ferito il rapporto terapeutico e questo paziente, lasciandolo in qualche modo confuso. Volevo creare un'atmosfera di accettazione e di sfida, in cui lei potesse esplorare il rapporto tra le scelte che ha fatto come medico e come persona e l'impatto di queste scelte, siano esse intenzionali o meno, sui suoi clienti. E sapevo che gli altri tirocinanti stavano ascoltando le lezioni che potevano trarre dalla conversazione, mentre riflettevano sia su questa specifica situazione sia su quelle con i propri pazienti.

In quei momenti, io ero contemporaneamente il supervisore, consapevole di cogliere le lezioni insite in quel momento di insegnamento, ed il terapeuta, riflettendo su momenti simili che ho avuto con i miei stessi pazienti nel dubbio e nell'intersezione mutevole fra il nascondere e il mostrare. Anch'io ho dei tatuaggi visibili, almeno se mi rimbocco le maniche, cosa che faccio sempre quando lavoro con i pazienti, sia letteralmente che figurativamente. Volevo che quello che ho imparato sulla mia strada per diventare terapeuta fosse utile a questi medici nascenti. Non volevo nemmeno costringerli a seguire la mia strada, anche se avrei potuto.

La settimana successiva ho riflettuto su quella conversazione, chiedendomi quale fosse il suo impatto su questa tirocinante in particolare e sull'intero gruppo. Nella successiva supervisione di gruppo, mi ha offerto lo spunto che riporto di seguito:

Dell [un nome di fantasia] è tornato alla successiva seduta, e ha tirato fuori il tema dei miei tatuaggi e della sua fede prima ancora che potessi chiudere la porta del mio studio! Ha detto che dopo che se n'è andato, si è subito sentito male per il modo in cui ha affrontato il tema dei miei tatuaggi e che ci ha pensato molto ed era preoccupato che non lo volessi incontrare più, perché ha detto che gli è piaciuto il tempo trascorso insieme e che sono stata incredibilmente d'aiuto. Ha detto che quando se n'è andato ha cominciato a pensare al perché la gente si fa tatuare e a cosa significano per loro i tatuaggi. È giunto alla conclusione che per alcune persone i tatuaggi hanno per loro lo stesso significato del suo anello CTR (Choose the Right, - Scegli il Bene - che è un detto della Chiesa dei Santi degli Ultimi Giorni). Ha chiesto se la sua conclusione sui tatuaggi è vera e cosa significano per me. Gli dissi che non potevo parlare per le altre persone tatuate, ma che i miei avevano un significato profondo per me.

Li ho descritti come capsule del tempo, ricordi, un riflesso di me; storie, storie che significano molto per me, proprio come la sua fede per lui. Gli ho detto che non c'era bisogno di scusarsi, e ho apprezzato le sue parole premurose. L'ho anche applaudito per essersi preso il tempo di riflettere e di educarsi sull'argomento, perché non sarò l'unica persona con tatuaggi che incontrerà. Gli ho anche detto che ho riflettuto molto su ciò che ha detto e che ho fatto molte ricerche sulla chiesa mormone, in modo da avere una migliore comprensione delle sue opinioni. Eravamo d'accordo che questa nuova comprensione l'uno dell'altro rafforzava il nostro rapporto professionale e che entrambi imparavamo l'uno dall'altro e nel lavorare insieme".

La mia tirocinante mi ha impressionato per le sue larghe vedute e la sua visione di sé, abbastanza ampia da accogliere tutti i punti di vista in quello spazio così intimo che è la terapia. Ha concluso dicendo: "Ho imparato quanto posso essere tollerante, quando qualcosa che amo e a cui tengo viene giudicato così rapidamente e duramente, e che le persone hanno la capacità di crescere e di aprire la loro mente alle differenze anche quando le loro religioni sono molto distanti".

Sono stato onorato di far parte di questo processo di apprendimento, iniziato dalla mia curiosità clinica e dal desiderio di guidare i miei tirocinanti nei loro viaggi. Questa esperienza ha lasciato un'impronta indelebile su tutti.


Copyright Psychotherapy.net LLC 2022, translated and reprinted with permission.


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