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Se un paziente ti minaccia

Aggiornamento: 9 nov 2022


Titolo originale: When a Client Threatens You

Restai seduta lì in silenzio, mentre lei mi puntava una pistola contro.

Ho avuto pazienti che hanno espresso il loro malcontento per un commento o un suggerimento. Ho avuto pazienti che mi hanno chiamata in modo poco lusinghiero per vari motivi, nessuno dovuto a scorrettezze professionali, ma solo per una loro manifestazione di rabbia. Questi ho saputo gestirli. Ma una pistola? Non ha mai fatto parte della mia formazione. Così, mi sono seduta e ho parlato a bassa voce, invocando tutti i pensieri di Mariska Hargitay di "Law & Order" quando parla alle persone su un cornicione. In quel momento, desideravo qualcosa come un balzo dal cornicione, ma per me stessa. La maggior parte delle sere ero l'ultima della clinica, un piccolo gruppo di studi all'interno di un grande ospedale fuori uso a North Hollywood. Niente guardie di sicurezza, niente pulsanti d'emergenza sotto la scrivania. Solo io, una tossicodipendente e la sua pistola. L'avevo incontrata ufficialmente la prima volta quando fu mandata in terapia per apprendere che suo figlio di 3 anni, che era stato dato in affidamento fin dalla nascita, sarebbe stato presto adottato. Anche se all'epoca ero solo una stagista, era mia responsabilità legale dare la notizia nel modo più delicato possibile, assicurandomi allo stesso tempo che le informazioni venissero recepite. Era stato il mio primo e, ne ero certa, ultimo incontro con questa donna. Lei se ne andò infuriata e finì lì - o almeno così pensavo. È ricomparsa la sera in cui suo figlio è stato adottato ufficialmente, brandendo un'arma e incolpando me per non aver interrotto il processo di adozione. Ho parlato e aspettato e parlato e aspettato e poi, proprio come in un episodio di SVU (Unità Vittime Speciali), qualche ora dopo lei si è stancata e ha posato la pistola sulla scrivania. L'ho subito afferrata, l'ho spinta a terra (non avevo mai tenuto in mano una pistola in vita mia!) e ho chiamato il 911. Presto fui al sicuro e lei se n'era già andata. In seguito non ho avuto contatti né con lei né col suo bambino, ma poco dopo l’accaduto ho fatto un corso di tiro con arma da fuoco. La clinica, ora chiusa, assunse immediatamente una guardia di sicurezza a tempo pieno che stava sempre nelle vicinanze.

Chi si occupa degli altri spesso non pensa di trovarsi in pericolo per aver cercato di aiutare - e certamente non per mezzo di un'arma da fuoco. Anche se il paziente può essere arrabbiato col sistema, con un'altra persona o con una circostanza, non pensiamo che, al di là di qualche oltraggio verbale, se la prenderà con noi. Quanta ingenuità! Secondo un'indagine del 2016, quasi tre psicologi su quattro sono stati perseguitati, più di uno su cinque minacciato e uno su sette pedinato(1). Ora c'è il "cyber-stalking", facilmente realizzabile tramite un sito web, e-mail, Facebook o altri social media. Secondo l'Associazione nazionale degli assistenti sociali "i terapeuti spesso negano o minimizzano il rischio per se stessi" (2) e non riconoscono i segnali di allarme di un potenziale pericolo.

Una prima volta in cui sono stato perseguitata c'è stato un segnale d'allarme che nessun professionista, esperto o meno, avrebbe mai potuto prevedere. Avevo lavorato con una paziente gay che era stata cresciuta da genitori fedeli al credo degli avventisti del Settimo Giorno; erano molto devoti e l'avevano costretta a frequentare una chiesa che predicava chiaramente contro i suoi "modi blasfemi". Per tale ragione ha covato rabbia per tutta la vita. Era in collera coi terapisti solo perché era una donna arrabbiata. Era molto più arrabbiata quando è arrivata da me. La notte in cui ha minacciato di porre fine alla sua vita, senza però specificare come o con che piano (in modo che io non potessi riferire alle autorità), le ho suggerito di recarsi in un rispettabile ospedale avventista.

Non mi è proprio venuto in mente di aver detto la parola con la "A" (Avventista). Dire che si è scaricata su di me è un eufemismo. Il volume e l'intensità delle telefonate, delle e-mail e degli SMS minacciosi erano a dir poco inquietanti. Finché alla fine si sono interrotte bruscamente. Mi scusai profondamente per la mia mancanza di sensibilità (non mi è davvero mai passato per la mente) e la aiutai a trovare un nuovo terapista. Devo dire che quando ha attaccato la mia professionalità per quello che credevo fosse un tentativo onesto e premuroso di aiutarla, non mi sono sentita esattamente bene e al sicuro. Ma ho prestato assistenza e poi ho interrotto i contatti con la paziente.

Non sono una terapeuta insensibile. Sono, al contrario, forse troppo sensibile e sono stata disposta a rischiare con pazienti potenzialmente pericolosi anche quando le mie antenne percepivano qualcosa che non andava. Tuttavia, ho anche aumentato l'attenzione durante la consulenza telefonica iniziale. Chiedo ora il consenso scritto per contattare qualsiasi terapeuta precedente. Essendo una che ha iniziato questa carriera nelle cliniche di riabilitazione per tossicodipendenti e alcolisti, non rifiuto i tossicodipendenti, ma insisto affinché siano sobri quando li vedo e scrivo nell'accordo terapeutico che firmeranno la risoluzione se sospetto il contrario. Ma ho anche uno studio privato dove spesso non ci sono altre persone con me. Non sono perfettamente al sicuro, e questo lo so. Ma cerco di valutare attentamente il livello di rischio prima di accettare determinati pazienti; almeno, provo a farlo nel miglior modo possibile. So che non sarò sempre in grado di dare una valutazione iniziale esatta e che potrei allontanare pazienti che in realtà non mi avrebbero mai fatto del male. Come molti nella nostra professione, continuo a desiderare di prendermi cura degli altri prima ancora di prendermi cura di me stessa. Ma ho imparato molto, e non sono più così fiduciosa quando vedo segnali di allarme, siano essi grandi o piccoli.

Bibliografia (1) Storey, J. E. (2016). Hurting the healers: Stalking and stalking-related behavior perpetrated against counselors. Professional Psychology: Research and Practice, 47(4), 261–270

(2) Lonner, R., & Licht, M. (2018). When a client threatens the therapist: Guidelines for mitigating risk.


Copyright Psychotherapy.net LLC 2022, translated and reprinted with permission.

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