Primavera
Aggiornamento: 9 nov 2022

Titolo originale: Spring Qualche anno fa, ricordo di essere stato profondamente colpito da "L'ultimo bambino nei boschi: come riavvicinare i nostri figli alla natura" di Richard Louv. Nel libro l'autore deplorava la disconnessione tra i bambini e la natura, rifletteva sull'impatto di tale disconnessione sui bambini e sugli adulti e proponeva soluzioni correttive. Il libro ha avuto per me una grande risonanza interiore, poiché ricordo di aver sempre trovato conforto, forza e significato nel mondo naturale. Fin dalla prima infanzia, sono stato in grado di comprendere l'importanza, la forza, la bellezza e la violenza della natura, sia in senso reale che metaforico. Questa comprensione ha spesso plasmato i miei insegnamenti e la mia pratica clinica, che si trattasse di spiegare la riproduzione agli studenti osservandola nei rigogliosi boschi che circondavano la mia università, oppure di parlare della vita, della morte e del ciclo naturale dell'essere mentre accompagnavo i pazienti in passeggiate nella natura. C'erano immancabilmente lezioni da imparare grazie agli alberi, al cielo, agli animali che accidentalmente incontravamo durante il cammino ed alle ricche discussioni che avevamo su questioni inerenti la nascita, la morte, il divorzio e l'invecchiamento. Le metafore ci accompagnavano in quelle passeggiate, offrendo intuizioni a volte dolorose, a volte piacevoli, ma sempre cariche di significato. Queste esperienze mi sono tornate in mente di recente quando, durante un'escursione nel bosco lungo la "Blue Ridge Parkway" in North Carolina, ho riflettuto profondamente sul mondo naturale e sul mio posto in esso. Non ho potuto fare a meno di notare che, sebbene il grigiore degli alberi e degli arbusti sembrasse voler ricordare l'ennesimo, rigido inverno montano, essi erano allo stesso tempo estremamente vivaci, con gli uccelli che vi costruivano i loro nidi e nutrivano i loro piccoli. Alcuni giorni prima di quella camminata e prima del nostro arrivo, la temperatura era di 26 gradi e gli adolescenti del posto si tuffavano nel freddo del fiume in costume da bagno. Due giorni dopo, c'erano 10 centimetri di neve a terra. Ora il clima si è mitigato ed è tornato a 16 gradi. Lo scisma e il dinamismo sono drastici e ineluttabili. La promessa di vita e di ringiovanimento è ovunque. Come disse il personaggio di Jeff Goldblum in "Jurassic Park: "La vita non si imprigiona". In questi momenti di totale assorbimento esistenziale e di meraviglia, non riesco a non pensare al motivo stesso della mia ricerca dell'eremo in montagna. Era quello di ricercare un terreno più alto, (intendo letteralmente), rispetto a quello caldo, soffocante e densamente popolato del sud della Florida. Sicuramente il virus non ci avrebbe trovato qui. Mentre il mio corpo, per quanto ne so, non è stato colpito dall'invasore COVID, la mia mente non se ne è liberata. Sono ben consapevole delle sofferenze che questa pandemia ha causato, e che innumerevoli altri non hanno il lusso o il privilegio di fuggire su un terreno più alto di qualunque tipo. Ma è proprio lì, la mia metafora perfetta! La vita che abbonda nello stesso mondo tormentato da tanta sofferenza e morte. È la speranza che la primavera sia eterna, oppure che l'eternità si ritrovi nella Primavera, il momento della rinascita della natura? Quanto è paradossale che, almeno nell'emisfero occidentale, questa piaga coincida con il risveglio della natura! Non mi illudo certo che pensieri come questi possano essere in grado di guarire, ma in quei momenti nel bosco mi sentivo speranzoso e mi chiedevo se potesse esserci una valenza terapeutica nel collegare gli altri alla natura in questo momento così difficile. A tutti noi è stato consigliato di stare a casa e al sicuro, di uscire solo se necessario e, quando e dove possibile, di fare esercizio fisico. E se la cercassimo proprio in quelle passeggiate che ci viene chiesto di fare, ovunque sia? Se cercassimo i segni della Primavera? Un'erbaccia che spinge verso l'alto attraverso le crepe del cemento, i germogli di una pianta ormai considerata morente o addirittura data per morta, la danza delle nuvole nel cielo azzurro, il respiro dell'aria calda in una brezza altrimenti fresca, il calore del sole, la pioggia purificante. I miei occhiali dalle lenti rosee sono ormai stati calpestati dal passare degli anni ed io non sono più nel fiore della vita, ma guardo avanti, guardo alla primavera e penso al domani. Spero che questa riflessione possa essere utile in qualche modo, sia per voi stessi che per i vostri pazienti che lottano per conciliare lo svuotamento di significato con la ricerca di un senso, la morte con la vita e la disperazione con la speranza. La primavera, e con essa la speranza, è lì. Cercatela! La natura non si imprigiona, lo stesso vale per la natura umana.
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