Lavorare con il silenzio

Titolo originale: Working with Silence
Spesso il silenzio mette le persone a disagio. Nella cultura americana, in particolare, siamo inclini a colmare i silenzi con le conversazioni il più rapidamente possibile. Uno dei motivi è che il silenzio prolungato può essere interpretato come un segno di disagio o di disapprovazione. Per lo stesso motivo, i nuovi studenti di psicoterapia sentono spesso il bisogno di intervenire e di fare domande. A volte, questa può essere una cosa di supporto. Ma ci sono altri momenti in cui può essere un segnale di disagio, oppure momenti in cui il silenzio potrebbe essere proprio ciò di cui un paziente ha bisogno per elaborare i sentimenti o per riflettere su ciò che è stato appena detto.
Quando un paziente solitamente loquace comincia a tacere in una conversazione difficile, il silenzio corrispondente da parte del terapeuta è spesso utile e di sostegno. Può trasmettere attenzione e interesse, così come l'impegno del terapeuta a non interferire con il bisogno del paziente di elaborare ciò che sta succedendo.
Se il silenzio si protrae per un periodo di tempo significativo, la pressione a voler aiutare il paziente dicendo qualcosa diventa maggiore. I terapeuti si differenziano per il modo in cui gestiscono questo genere di situazione, a seconda del loro orientamento terapeutico e del loro stile individuale. Io, personalmente, raramente lascio che un silenzio duri più di un minuto o due senza dire qualcosa, anche se si tratta semplicemente di chiedere "Vuoi parlare di quello che sta succedendo?" D'altra parte, alcuni terapeuti hanno fatto delle sedute rivoluzionarie quando hanno concesso a un paziente un significativo periodo di silenzio, cosa che nessun altro aveva mai offerto loro.
Mentre molti pazienti potrebbero usare i periodi di silenzio in modo produttivo, ce ne sono altri per i quali il silenzio non è una buona strategia. Secondo la mia esperienza, i bambini più grandi e gli adolescenti più giovani, in genere, rientrano in quest'ultima categoria. Questo può costituire un legame doppio, perché questi giovani pazienti spesso non vogliono parlare, ma odiano anche essere interrogati. Ho lavorato con molti adolescenti che in passato hanno avuto terapie non riuscite. Le loro due lamentele più frequenti sui precedenti terapeuti erano: "Ha fatto troppe domande" e "Non ha mai detto niente". Nel corso degli anni sono giunto alla conclusione che, se da un lato l'interrogatorio può essere doloroso per molti adolescenti, dall'altro il silenzio è spesso straziante.
Cosa fare dunque con un adolescente precoce che trova dolorose le domande, che a malapena riesce a parlare, ma che odia anche il silenzio? Molti terapeuti cercano di coinvolgere questi pazienti parlando con loro delle cose che gli piacciono fare. Questo può essere un buon modo per iniziare una terapia con un adolescente, ma non è sempre facile, e alcuni adolescenti lo trovano irritante e condiscendente. Questo è particolarmente vero per gli adolescenti che sanno di essere in terapia per problemi seri e che possono legittimamente vedere le chiacchiere come disoneste oppure come "giochetti”. Ho scoperto che spesso è preferibile seguire una strada diversa con questi giovani, prendendo in mano la maggior parte o tutto il discorso fin dall'inizio, descrivendo delicatamente ciò che si sa del paziente e poi introducendo gradualmente qualche congettura sul perché possano agire così.
La mia prima esperienza in questo senso è stata lavorare con una tredicenne che era stata ricoverata in ospedale, con caratteristiche borderline e una possibile schizofrenia precoce. Si era comportata in modo sempre più depresso, erratico e ritirato, e aveva iniziato a ricorrere alle droghe e all'autolesionismo. A malapena parlava, rispondeva alle domande con singole parole, minimizzava i suoi problemi con il silenzio oppure con un'alzata di spalle. Con l'aiuto del mio supervisore, ho iniziato a fare meno affidamento sulle domande e a passare più tempo a parlarle con simpatia di ciò che i suoi genitori e il personale dell'ospedale avevano riferito sul suo comportamento; ho anche iniziato a fare qualche congettura su come doveva sentirsi in quel momento. In breve tempo, ha cominciato a riconoscere alcuni di questi sentimenti e, alla fine, ha cominciato a parlare di altri problemi significativi, tra cui le allucinazioni spaventose e lo stress per l'alcolismo del padre, cosa che i suoi genitori non ci avevano rivelato.
È interessante notare che i bambini molto piccoli spesso tollerano abbastanza bene i silenzi nel contesto della terapia ludica. Sono abituati a giocare da soli e possono sentirsi a proprio agio con un adulto accanto, accettando tranquillamente ciò che fanno e facendo solo un commento occasionale. Quando crescono, però, i bambini attraversano una certa soglia - in genere intorno agli 8 anni - quando cominciano a diventare consapevoli di giocare, ma non sono ancora abituati a parlare con gli adulti, soprattutto di questioni personali. Qualche anno dopo - diciamo a 14 o 15 anni - cominciano a diventare sufficientemente verbali per esprimersi più facilmente e per tollerare un adeguato silenzio da parte dei terapeuti.
Va anche notato che non tutti gli adulti si sentono a proprio agio con i terapeuti silenziosi, specialmente gli adulti che provengono da ambienti in cui non è culturalmente normale condividere informazioni personali con un professionista sconosciuto. Con questi pazienti - e in effetti anche con tutti gli altri - è generalmente consigliabile una valutazione preliminare per determinare quanto si sentono a loro agio con un approccio più esplorativo in cui possono verificarsi alcuni silenzi, in contrapposizione a un approccio più risolutivo in cui probabilmente i silenzi non ci saranno.
Guardando indietro ai silenzi che ho condiviso con i miei pazienti, sono colpito da quanto intensi e variegati siano stati - ciascuno con un suo significato speciale: ansia, tristezza, ritrosia, vicinanza e perplessità che lascia senza parole, per citarne solo alcuni. Ogni silenzio è diverso, ma tutti possono portare, potenzialmente, a una maggiore comprensione del paziente.
Copyright Psychotherapy.net LLC 2022, translated and reprinted with permission.