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L'importanza di ammettere un errore in terapia



Titolo originale: The Importance of Admitting a Mistake in Therapy


Una volta una mia paziente, Karen, mi ha mandato un'e-mail dicendomi che si era presentata al nostro appuntamento ma io non c'ero. Oh mio Dio! L'avevo segnato sull'agenda, ma pensando che si trattasse di un errore l'avevo cancellato. Non l'ho chiamata, né le ho mandato un'e-mail prima della seduta per confermare la cancellazione. Non mi sono recata nello studio per assicurarmi di non aver commesso un errore di pianificazione. Era ovvio per me che si trattava di controtransfert. Ho risposto alla sua e-mail dicendo che ero molto dispiaciuta per l’accaduto, e che l'avrei vista al prossimo appuntamento. Poi ho iniziato a pensare al significato di questo "errore".


Ho pensato a quello che era accaduto nelle ultime sedute. Aveva spesso spostato l'appuntamento, quindi forse ce l'avevo con lei per aver gestito la sua terapia (e me) in modo tanto disinvolto. Poi ho pensato alla seduta più recente, che era stata particolarmente difficile. A un certo punto della seduta Karen aveva detto che pensava che la terapia fosse una lezione di apprendimento.


"Che tipo di lezione?”, le ho chiesto.


"Sai, sei tu la terapeuta, dimmi cosa sto facendo di sbagliato".


"La terapia non è una lezione o una dimostrazione di ciò che si sta sbagliando. Si tratta di capire come ti senti", ho detto.


"So che non si tratta di lezioni. Non sono stupida", ha replicato con tono di sfida.


Sapevo che la situazione stava prendendo una brutta piega. Cosa avrei potuto fare per riportare di nuovo entrambe dalla stessa parte?


"Prendiamoci una pausa, d’accordo? Analizziamo cosa sta succedendo tra noi", ho detto.


Lei ha annuito, anche se con scarsa convinzione.


"Hai detto che credevi che la terapia fosse una lezione su ciò che si fa di sbagliato", ho affermato. Pensavo che così sarei tornata all'inizio del nostro scambio, in modo da poter tornare sui nostri passi.


"No", ha protestato, "Non ho mai detto la parola lezione, l'hai usata tu quella parola, non io".


Si difendeva da ciò che aveva vissuto come una mia critica, e non voleva nemmeno credermi.


"Sembri arrabbiata", le ho detto.


"Non sono arrabbiata. Sono frustrata. Tu non capisci".


"Cos'è che non capisco?", le ho chiesto.


"Vuoi andare in una direzione e ti concentri solo su questo", ha detto.


Ho capito che si trattava di un transfert della madre. Sentiva che sua madre l'aveva costantemente criticata e non diceva la verità. Mi aveva detto, nelle sedute precedenti, che sua madre seguiva un suo programma personale. Le discussioni fra loro non avevano mai riguardato Karen e i suoi bisogni.


"Sembra che tu senta che la terapia non faccia per te. Io ho il mio programma e questo ti dice cosa c'è che non va in te".


È rimasta tranquilla per qualche istante. Poi ha detto: "È strano. Non credo che la terapia faccia per me”.


La seduta era finita, e io sono rimasta ferma per un po' dopo che lei se ne è andata. Mi sentivo vinta. La seduta successiva è stata quella mancata. Avevo deciso che doveva essere annullata! Avevo esaudito il mio desiderio inconscio.


Quando Karen si è presentata all'appuntamento successivo, mi sono scusata di nuovo. Lei ha detto che andava tutto bene, facendo spallucce. Le ho chiesto come si era sentita a presentarsi per la seduta e scoprire che io non c'ero.


"Pensavo di aver commesso un errore", ha detto.


"È curioso, non è vero, che tu abbia pensato che fosse un tuo errore?".


"Beh, immaginavo che avresti detto che ho sbagliato data", ha detto.


"Intendi dire che pensavi che avrei dato la colpa a te?"


"Sì, credo di essere abituata ad essere incolpata quando le cose vanno male. Mia madre non ha mai ammesso di aver sbagliato qualcosa", ha detto in lacrime. E poi: "Non credo che niente faccia per me. Fa sempre per qualcun altro, e io vengo incolpata per tutto ciò che va male. Credo di aver vissuto così per molto tempo".


Ammettere di aver commesso un errore è stata una svolta nella terapia. Ha fatto capire a Karen che non si fidava di me. Si aspettava che le dessi la colpa del mio errore come avrebbe fatto sua madre. Il fatto che mi sia assunta la responsabilità del mio errore l'ha aiutata a capire che spesso si sente criticata ingiustamente e, quando si difende, si aspetta che l'altra persona risponda come sua madre.


La seduta mancata ha rappresentato una svolta anche per me, perché mi ha fatto capire la profondità della mia reazione al transfert di sua madre verso di me. So che la sua costante difesa e diffidenza nei miei confronti non finirà a causa di questa sua nuova intuizione, ma questo episodio è stato l'inizio di un'alleanza di lavoro, e penso che la mia capacità di resistere alle sue difese ne uscirà rafforzata. Mentre all'inizio ero mortificata per aver mancato una seduta, ho finito per sperare che la sua comprensione del fatto che mi stava trattando come se fossi sua madre potesse aiutarci a crescere e ad approfondire il nostro lavoro.


Copyright Psychotherapy.net LLC 2022, translated and reprinted with permission.