Il denaro in terapia

Titolo originale: Money Matters in Therapy
Il denaro è spesso un argomento carico di emozioni, che scatena molte associazioni e significati sia per il terapeuta che per il paziente. Come terapeuta che ha iniziato a lavorare in uno studio privato, ho dovuto ripetutamente affrontare decisioni riguardanti il prezzo di una seduta, l'applicazione o la sospensione dei costi di di cancellazione e diverse altre questioni di carattere economico. Vorrei condividere con voi le lezioni apprese; quale modo migliore di imparare, se non dagli errori che ho commesso?
Errore #1: Rispettare la teoria o le regole, anche quando mi sembra "sbagliato" (cioè non allineato ai miei valori personali).
Qualcosa che è radicato in noi come terapeuti, specialmente per quelli di noi che sono psicoanaliticamente allenati, è "mantenere l'inquadramento" e "fissare dei limiti". Stabilire e mantenere chiari i confini all'interno della relazione terapeutica crea sicurezza per il paziente. Questo potrebbe tradursi rigidamente nel non negoziare intorno al nostro onorario, oppure nell'applicazione delle politiche di cancellazione senza alcuna eccezione. Tuttavia, a seconda della situazione del paziente e della sua storia personale, questo può in realtà ritorcersi contro di lui. Può influire negativamente sul paziente e sulla relazione terapeutica, soprattutto se viene vissuta dal paziente come esperienza punitiva, vergognosa, ingiusta, sleale o finalizzata ad esercitare il controllo. Ci deve essere una certa flessibilità in tutto per poter coniugare i valori dei terapeuti e le esigenze dei pazienti, il che si traduce in una disponibilità a riconsiderare la frequenza delle sedute, a rinunciare alle spese di cancellazione o a negoziare intorno alla parcella caso per caso.
Errore # 2: non esaminare e non fare chiarezza sui problemi economici e sui prezzi.
È importante esaminare e fare chiarezza sui nostri conflitti interiori e sulle questioni economiche, oltre che conoscere i limiti della nostra flessibilità (ad esempio, qual è la tariffa più bassa con cui ci sentiamo a nostro agio per un particolare paziente e per la sua situazione), soprattutto quando cerchiamo di stabilire dei limiti e di stabilire un quadro di riferimento.
Ho dovuto prendere in considerazione diverse esigenze e valori contrastanti quando ho stabilito il mio onorario regolare per le sedute di terapia. Tengo molto alla mia esperienza, alla mia formazione e a ciò che ho da offrire come psicoterapeuta, e un terapeuta più costoso è spesso percepito come un terapeuta in grado di offrire servizi di "qualità superiore". Allo stesso tempo, penso che la terapia sia piuttosto costosa, soprattutto perché di solito si consigliano sedute settimanali (o anche più frequenti). Le persone appartenenti alle classi socio-economiche più basse devono affrontare più fattori di stress, rendendo così ancora più necessario offrire servizi di salute mentale a prezzi accessibili. Nonostante il mio desiderio di rendere i miei servizi accessibili e convenienti, ho una forte avversione al fatto di essere interpellata dalle compagnie di assicurazione. Con così tanti fattori in competizione, all'inizio sono stata spesso tormentata da sensi di colpa, risentimenti o dubbi, mentre cercavo di stabilire un prezzo "giusto". Ho finalmente trovato una formula (utilizzando una combinazione fra un prezzo fisso e uno variabile per fascia, e offrendo tariffe basse e slots pro-bono tramite openpathcollective.org, cosa che funziona bene per me, poiché incarna la massima "Non esiste una misura adatta a tutti").
Una panoramica
Quello che segue è la descrizione di un episodio di quando ero agli inizi della mia attività in studio privato, che mette in evidenza sia l'errore #1 che l'errore #2:
La paziente ed io ci siamo accordate su un compenso di 120 dollari dopo la prima seduta iniziale gratuita. La volta successiva, la paziente mi ha detto che aveva appena scoperto che la sua assicurazione non copriva le sedute (aveva una franchigia molto alta) e mi ha chiesto una tariffa ridotta. Poiché eravamo già alla fine della seduta (e tenendo presente che le avevo già fornito una consulenza iniziale gratuita), le ho detto che doveva pagare 120 dollari per questa volta, e che potevamo calcolare una tariffa più bassa per le volte successive. Lei ha chiesto di poter pagare 80 dollari, e io ho detto: "È troppo poco". (Sì, devo ammettere di averlo detto). La paziente ha firmato un assegno di 120 dollari per la prima seduta e, forse non a caso, non è più tornata.
Ciò che è emerso nell’episodio di cui sopra sono state le mie questioni irrisolte riguardo al denaro, e sfortunatamente queste hanno avuto un impatto negativo sulla paziente.
Non ero del tutto d'accordo sul fatto di averle fornito una prima consulenza gratuita: provavo un certo risentimento e pensavo che la paziente ora fosse in debito con me, o dovesse almeno sentirsi in debito con me.
Non ero sicura di quanto potessi o dovessi variare le mie parcelle. Ero in conflitto tra ciò che avevo imparato sul rispetto dei limiti e il mio istinto di essere flessibile nell'accettare onorari più bassi. Questo mi ha fatto rispondere "È troppo poco" al compenso suggerito dalla paziente. Questo le ha suscitato vergogna, soprattutto se si considera che è cresciuta in povertà.
Errore #3: non tenere conto della cultura, della storia, del background e del rapporto con il denaro del paziente.
Quello che ho visto ripetersi più e più volte, è che il rapporto di un paziente con il denaro e il modo in cui affronta la questione della parcella è spesso un'estensione della sua psicologia, dunque una questione clinica da esaminare in terapia per aiutarlo ad orientarsi più abilmente su tali questioni. A volte, il loro rapporto con il denaro è plasmato dalla cultura: ho alcuni pazienti che sono determinati a cercare di negoziare un compenso più basso anche se hanno redditi molto alti, perché non riescono a immaginare di dover pagare così tanto "solo" per la terapia. A volte, deriva dalla loro storia personale. Ho avuto un'altra paziente che ha richiesto un onorario più basso a causa delle sue numerose spese mediche ed io ho accettato, solo per apprendere, durante il corso della terapia, che questa paziente era una multimilionaria che aveva ereditato una fortuna. Essendo cresciuta in un contesto di scarsità e problemi economici, aveva difficoltà a spendere o a godere veramente di quella ritrovata abbondanza, ed era sempre alla ricerca di un "buon affare" o di uno sconto. Se io, in qualità di terapeuta, mi limitassi a considerare tali pazienti come "manipolatori", o se mi sentissi offesa dalle loro richieste e non considerassi il loro contesto e l'esperienza soggettiva, sarebbe un segnale per indagare su ciò che viene innescato in me. Ho imparato che devo essere cosciente e affrontare le questioni relative al denaro con abilità e sensibilità nei confronti dell'esperienza del paziente. In altre parole, far sapere al paziente che sono aperta a discutere o a negoziare la parcella, ma che è importante per me capire prima di tutto la sua storia, le sue esperienze soggettive e la sua relazione riguardo all'avere o non avere cose.
Linee guida
Di seguito sono riportate le mie linee guida personali sulle questioni economiche in terapia:
Le regole (come l'addebito per le sedute mancate) sono stabilite e applicate in base alle implicazioni cliniche e all'interesse del paziente, e non solo in base a considerazioni di natura commerciale.
Avere le mie questioni personali (inclusi privilegi o scarsità) in materia di denaro, esaminare il mio rapporto e le mie opinioni in materia di denaro, e ottenere chiarezza sui miei limiti di flessibilità per quanto riguarda gli onorari per seduta, le politiche di cancellazione e altre questioni economiche.
Il rapporto di un paziente con il denaro (il suo significato e le sue associazioni, piuttosto che semplicemente il suo reddito o il suo patrimonio) è un fattore importante da prendere in considerazione quando si discute e si fissano gli onorari.
Ciò che funziona bene per un terapeuta può non funzionare per un altro. Le differenze possono essere dovute agli obiettivi economici, all'orientamento teorico, alle tipologie di pazienti servite e allo stile/valori personali.
Soprattutto, siate autentici.
Vorrei concludere questo articolo con un possibile scenario che è stato pubblicato su un gruppo online per terapeuti a cui partecipo, che mi ha fatto riflettere di più su questo argomento e mi ha spinto a scrivere questo articolo. Lo scenario è il seguente: un paziente con cui lavoravi ha bisogno di un periodo di tempo libero dalla terapia per un paio di mesi a causa di una sovrapposizione di orari nel breve termine; tuttavia, non vuole perdere il suo spazio per gli appuntamenti, e si offre quindi di pagare per quello spazio fino a quando non è in grado di tornare (non hai altri appuntamenti disponibili). Sarebbe etico accettare una simile offerta? La domanda ha suscitato alcune risposte emotivamente cariche, ma molto diverse, da parte dei membri del gruppo. Come gestireste questa situazione?
Ci piacerebbe sentire le vostre risposte. Sentitevi liberi di pubblicare sulla nostra pagina facebook qui.
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