Il critico interiore: amico o nemico?

Titolo originale: The Internal Critic: Friend or Foe?
Severo, doloroso, umiliante, degradante e snervante sono solo alcuni dei modi per descrivere il nostro critico interiore. Tutti abbiamo un critico, ma la sua aggressività e forza possono variare. In qualità di psicoterapeuta orientato all'EMDR e all'EFT, ho il privilegio di avere una visione diretta di quanto universale e comune possa essere il critico interiore, e l'opportunità di confrontarmi con i miei pazienti
"Sei così stupido, incompetente e inutile".
"Perché dovresti farlo? Non fai mai nulla di giusto".
"E' stato un enorme fallimento, avresti dovuto andartene".
"Sei così brutto e grasso".
"Non sei abbastanza bravo".
Non sorprende che i miei pazienti più compassionevoli e premurosi dicano queste cose, mai agli altri, ma molto spesso a sè stessi. In parole povere, il critico è una componente della nostra personalità. Il critico viene anche definito alternativamente come uno stato dell'io, oppure uno stato di consapevolezza. È un membro del nostro sistema interiore, presumibilmente sviluppato per aiutarci a prendere decisioni, mantenerci al sicuro e progredire nella vita. La coesione e l'integrazione delle parti del nostro sistema varia a seconda delle nostre esperienze di vita e delle nostre relazioni. Il nostro attaccamento a chi si prende cura di noi, le esperienze scolastiche, i successi, i fallimenti, i maltrattamenti, i traumi e le esperienze di vita negative hanno tutti un impatto sulla crescita e sullo sviluppo di questo sistema interiore.
Fortunatamente, il critico non è l'unico giocatore della nostra squadra mentale. Altri personaggi possono essere il professionista, il tutore, il sopravvissuto, il bambino, l'amico e il genitore, per citarne alcuni. La lista è potenzialmente esaustiva e unica per ciascun singolo individuo. Quando lavoro con i miei pazienti, spesso parlo della mia parte adolescenziale ribelle che la maggior parte delle mattine vorrebbe indurmi a saltare il lavoro e a dormire. Ci vuole molta energia dalla parte professionale per spingermi (o tirarmi fuori) dal letto, ma questa lotta interiore quotidiana impallidisce di fronte alle battaglie che abbiamo con il nostro critico.
Attraverso la terapia, i miei pazienti iniziano la difficile sfida per identificare questi messaggi negativi del critico e scoprire cosa li fa scattare. Spesso trovo che il critico si sviluppa in giovane età come risultato di un'interiorizzazione dei messaggi negativi dei genitori, degli allenatori o di altre figure autoritarie. Spesso trovo che il critico ha buone intenzioni e ha gli stessi obiettivi dell'adulto: felicità, successo e sicurezza da potenziali minacce. Sfortunatamente, l'approccio del critico per aiutare a raggiungere questi obiettivi è, in ultima analisi, fuorviante e dannoso. Dopo l'ondata di critiche troppo frequenti e continue, i miei pazienti si indeboliscono, si sentono meno sicuri, fiduciosi, protetti o motivati a fare le cose che altrimenti permetterebbero loro di avanzare nella vita. Le buone intenzioni iniziali del critico vengono inevitabilmente vanificate, lasciando i pazienti con la sensazione di essere bloccati, insicuri, demotivati e svuotati.
Dunque cosa dovrebbe fare un terapeuta per prendere conoscenza e reindirizzare questo formidabile nemico? I miei sforzi terapeutici iniziano con la pratica della consapevolezza: chiedo ai pazienti di diventare semplicemente consapevoli, di notare la presenza di questa voce. Aiuta chiedere loro di spostarsi su un'altra sedia e pronunciare ad alta voce le parole del critico. In EFT lo chiamiamo "lavoro sulla sedia" e attraverso questo studio il paziente può iniziare a separare il critico da quella parte del suo sistema interiore che non è critica. Così facendo, i pazienti possono connettersi meglio con il critico e iniziare a identificarne i fattori scatenanti e le esigenze che danno a questa voce il suo potere.
I miei pazienti notano che il critico spesso alza la voce prima di un compito impegnativo, dopo aver commesso un errore oppure quando non riescono a raggiungere un obiettivo nella vita (riferendosi a quando questo accade al di fuori dello studio di terapia). Quando io e il mio paziente riusciamo a capire quando il critico usa un “megafono”, per così dire, siamo in grado di identificare e di attingere a parti del suo coro interiore che lo sostengono. Spesso questo ha l'effetto di sottomettere il critico, togliendogli il suo pulpito da bullo. In questo modo si fa spazio ad altri personaggi: l'infermiera, l'avvocato, la “cheerleader” e tutti quegli altri elementi empatici del sé che sono più morbidi e gentili, oltre ad essere cruciali e necessari per una sana sopravvivenza emotiva. Messaggi e affermazioni calmanti, motivazionali e compassionevoli sono strumenti utili che nel corso del tempo e del duro lavoro in terapia hanno aiutato i miei pazienti a gestire, tranquillizzare e persino a fare amicizia con il loro critico interiore.
Aiutando i miei pazienti ad aumentare la loro capacità di auto-compassione, gentilezza e auto-empatia, sono stato in grado di aiutarli ad avvicinarsi all'obiettivo terapeutico dell'auto-accettazione. Spesso chiedo loro di considerare che, se l'essere gentili con sé stessi appare un concetto estraneo, potrebbero considerare cosa il loro più caro amico o familiare potrebbe dire. In altre parole: "Cosa ti direbbe ___________ in questo momento?" I miei pazienti spesso ridono e dicono di poter immaginare la loro dolce nonna mentre li conforta. Nella terapia EMDR, noi la identifichiamo come una nuova risorsa e l'immagine della presenza confortante della nonna arriva nel viaggio terapeutico verso la guarigione. Indipendentemente dalle modalità terapeutiche utilizzate, identificare, connettersi e lavorare con il critico è fondamentale per aiutare i nostri pazienti a trovare la pace interiore e l'accettazione.
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