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Bloccata in una doccia gelida



Titolo originale: Stuck In a Cold Shower

Ogni volta che aprivo la porta a Jane, riconoscevo immediatamente il suo odore. All'inizio della terapia questo mi infastidiva, ma dopo qualche mese non me ne sono quasi più accorta, limitandomi semplicemente ad aprire la finestra per arieggiare lo studio dopo che se n'era andata; lo facevo quasi automaticamente, come fosse parte di una routine. Puzzava di bambina trascurata, di giorni tristi passati in pigiami non lavati e di pasti solitari consumati disordinatamente.


Jane era sulla trentina, e la ragione principale per cui si trovava in terapia era il suo senso di vergogna. Questo è quello che io, come terapeuta, pensavo, ma se Jane si fosse spiegata da sola, avrebbe probabilmente menzionato la sua ansia e le delusioni emotive derivanti dall'essere single e sola in una città straniera. Almeno, questo è quello che mi aveva detto qualche anno prima, quando ci eravamo incontrate per la prima volta.


Lavoravamo insieme da qualche anno e mi piaceva molto. Era una donna spumeggiante, intelligente, con un acuto senso dell'umorismo. Spesso ridevamo insieme delle sue battute, e il suo viso si illuminava, trasformandosi. Nonostante queste qualità ed i suoi successi professionali come insegnante in una scuola internazionale, Jane trascurava sé stessa e lottava contro un senso di profonda inadeguatezza.


Nei primi mesi di terapia abbiamo esplorato a lungo il suo passato, realizzando così che i suoi genitori non erano mai riusciti a sintonizzarsi emotivamente con lei. Jane si sentiva costantemente insicura con loro, perché esplodevano all'improvviso in risse scatenate, spesso in luoghi pubblici come ad esempio il ristorante. Questo lasciava la figlia paralizzata dall'imbarazzo. Per anni aveva sperato che in qualche modo i suoi genitori uscissero da questa loro bolla, interamente occupati com'erano dal lavoro e dai loro litigi, e che si accorgessero della sua presenza e della sua sofferenza. Jane era figlia unica e ricordava con chiarezza il suo perenne sentimento di solitudine e disperazione. Era anche costantemente combattuta tra il dolore e la rabbia. I suoi genitori se ne accorgevano a malapena, e quando lo facevano occasionalmente, la risposta era la frustrazione della madre e l'indifferenza del padre.


"Mi sento come se fossi bloccata sotto una doccia fredda".


Sentendola mormorare questo, ho cercato di immaginarla nuda ed esposta all'acqua gelida, incapace di fuggire e paralizzata dalla confusione.


Jane aveva vissuto in questo stato di congelamento, il suo sviluppo sembrava essere stato bloccato dalla doccia fredda della disattenzione emotiva dei suoi genitori, dalla loro indifferenza per le sue esigenze infantili.


Sono inorridita dai racconti di adulti che bloccano i capricci dei loro figli mettendoli sotto una doccia gelata. Non solo questo respinge la rabbia del bambino, ma un bambino bagnato e tremante vive un forte sentimento di vergogna a causa di questo trattamento. Se i genitori non sono in grado di affrontare le emozioni travolgenti che il bambino non riesce ancora ad elaborare, alla fine il bambino sarà spinto a vergognarsi di questa mancanza di autorità.


Questo è probabilmente il punto in cui Jane è rimasta bloccata, gonfia di indignazione e sopraffatta dalla vergogna. Non c'è da stupirsi che abbia evitato le docce.


Nonostante alcune amicizie stabili, Jane si sentiva sola e, spesso, rifiutata o respinta dagli altri. Più di una volta abbiamo riflettuto su quale dei suoi comportamenti permettesse o invitasse altre persone a respingerla. Jane cominciava a capire che la sua costante disponibilità ad arrabbiarsi e ad attaccare non la aiutava ad interagire con gli altri. Sapeva anche che la sua testardaggine nel non voler "farsi bella" per gli uomini l'aveva intrappolata in un luogo dove si sentiva poco attraente. Evitava ogni forma di esercizio fisico e ingrassava.


Ma cosa dire dell'odore?


Era forse una strategia inconsapevole per scoraggiare gli altri, soprattutto i potenziali partner intimi? Non diversamente da alcuni insetti, che si sono evoluti per sviluppare la capacità di produrre un odore molto sgradevole quando sono minacciati, Jane aveva imparato a tenere gli altri a distanza. Il suo desiderio cosciente di una relazione romantica non aveva superato la paura inconscia di essere respinta sotto una doccia fredda da qualcuno che non poteva, o non voleva, darle ciò di cui aveva bisogno.


Alla fine di ogni seduta, mentre aprivo la finestra, mi chiedevo se fosse il caso di parlarle finalmente dell'odore. Questa assunzione di rischi da parte mia avrebbe potuto aprire una strada reale per esplorare la sua vergogna; o, per lo meno, l'avrebbe spinta a cambiare in meglio la sua igiene.


Ma come avrei potuto? Farle notare qualcosa di così potenzialmente vergognoso avrebbe potuto farla fuggire dallo studio della terapia e farle annullare il lavoro che avevamo fatto.


Jane stava per lo più evitando qualsiasi situazione che l'avrebbe esposta - come l'accettazione di progetti più gratificanti sul lavoro, o l'intimità fisica. Questo costante evitamento le aveva risparmiato un sacco di imbarazzo, ma aveva anche contribuito a farla sentire bloccata. Speravo che, affrontando insieme la sua vergogna, avremmo potuto aiutarla a sviluppare la sua capacità di recupero. Per uscire dalla doccia fredda, doveva agire e cambiare le cose che l'avevano fatta sentire male con sé stessa: fare più esercizio fisico, prendersi più cura di sé.


Jane era stata un'utente infelice, ma costante, delle app per gli incontri online. Le rare volte in cui era uscita con un uomo erano finite tutte nello stesso modo: l'uomo o fuggiva dopo i primi drink, oppure entrambi si ubriacavano e facevano sesso nel suo disordinato monolocale. In quest'ultimo caso, l'epilogo era sempre lo stesso: non avrebbe più avuto notizie dell'uomo. Questa si è rivelata la parte peggiore e più dolorosa di tutte. Il fatto di essere dimenticata da questi individui, che Jane in realtà disprezzava, le ricordava costantemente la sua indegnità, rispedendola sotto la doccia fredda.


Usciva da ogni esperienza sentimentale ferita, e le ci volevano alcuni mesi per recuperare abbastanza forza per concedersi un'altra possibilità e correre di nuovo il rischio. Non importa quante ore abbiamo passato ad analizzare e a disfare i bagagli della sua esperienza: nessuna consapevolezza o intuizione sembrava aiutarla a cambiare il flusso della sua esistenza solitaria e insoddisfacente.


Stavo ancora riflettendo sul dilemma dell'odore, quando Jane è arrivata a una seduta più sfinita del solito. Si è accasciata sulla poltrona ed è rimasta in silenzio. Ho riconosciuto il suo sguardo da "doccia fredda". Lei me lo ha confermato: aveva appena vissuto un altro tentativo fallito di uscire con qualcuno.


"È stato orribile, assolutamente orribile", ha detto piangendo. Il mio cuore è sprofondato. Mi sentivo senza speranza e probabilmente sconfitta quanto lei.


"Che cosa è successo?


"Questo... idiota mi ha detto di essere stato respinto dal mio odore".


La mia prima reazione è stata quella di consolarla, di abbracciarla, di rassicurarla... ma ho resistito alla tentazione. Non in quel momento. Non ancora.


"Questo è molto doloroso. Mi dispiace che sia successo".


Davvero? Non proprio, perché questo sconosciuto insensibile e probabilmente ubriaco aveva fatto quello che io non ero stata in grado di fare. Mi aveva liberato da questo peso. Era forse un'opportunità terapeutica?


"Credi che potrebbe essere vero?".


"Cosa? Che puzzavo?"


"Sì, che quel giorno non ti sei fatta la doccia?"


Jane è rimasta in silenzio per un po'. Ho potuto vedere che era divisa tra il suo desiderio infantile di arrabbiarsi e di uscire dalla stanza e la fiducia che avevamo costruito negli anni.


"In realtà non l'ho fatta. La mia doccia è rotta... Lo è da un po' di tempo. Non riesco a convincermi a chiamare il padrone di casa, mi odia... Non riesco a trattare con l'idraulico in francese...".